I semi di chia sono i frutti prodotti da una pianta appartenente alla Famiglia Lamiaceae, Genere Salvia, specie hispanica; la nomenclatura binomia della chia è dunque Salvia hispanica.
La chia appartiene alla stessa famiglia della menta, della melissa, della cedronella, della santoreggia, della lavanda, del rosmarino, del timo, della maggiorana ecc. organismi con i quali si accomuna per la spiccata capacità aromatica.
Ad oggi, la chia viene coltivata soprattutto per i suoi semi. Questi rappresentano infatti un alimento ricchissimo di “grassi buoni“, noti soprattutto per il loro potenziale nutraceutico e fitoterapico (alla stregua di vere e proprie molecole farmacologiche).
Dai semi di chia è possibile estrarre fino al 25-30% di olio. Di questo, il 55% è rappresentato da acidi grassi del gruppo omega 3 (soprattutto acido α-linolenico o ALA), il 18% da omega 6, il 6% da omega 9 e il 10% da vari acidi grassi saturi.
Oltre che per l’eccellente porzione lipidica, i semi di chia sono utilizzati per l’estrazione di fibra solubile.
Nonostante gli studi preliminari sull’impatto metabolico umano dei semi di chia abbiano indicato potenziali benefici sulla salute, l’insieme dei lavori effettuati in merito sembra ad oggi piuttosto incompleto o inconcludente.
I semi di chia essiccati contengono 490 kcal per 100 gr di prodotto. Il profilo nutrizionale pare curiosamente simile a quello di molti altri semi commestibili ben più diffusi in Italia, come i semi di sesamo e quelli di lino; ciò nonostante, nel Bel Paese, i frutti della chia rappresentano ad oggi un prodotto obsoleto, recentemente rivalorizzato dal diffondersi degli stili alimentari vegani e macrobiotici.